
Il boom dello smartwork
Produttività: più 20 per cento
“In media dando la possibilità di lavorare un paio di giorni da casa l’aumento della produttività è del 20%. In alcuni casi – penso in particolare agli help desk – l’aumento della produttività arriva al 40%”, quantifica Mariano Corso, responsabile scientifico dell’osservatorio sullo smartworking del Politecnico di Milano. Tradotto: quando il 20% dei dipendenti lavora da casa l’azienda può permettersi uffici più piccoli, quindi affitti più bassi, bollette della luce meno onerose. Inoltre il dipendente a casa è più produttivo. Perché meno distratto e più motivato. Ma quanti sono i lavoratori smart in Italia? “Un censimento attendibile ancora non esiste. Solo considerando i casi noti superano le 100 mila unità”, risponde Corso. Il professore vede però un rischio nella diffusione del lavoro agile: “Alcuni lo prendono in considerazione per cavalcare una moda. Mentre invece la cosa più importante di questa modalità organizzativa non è il lavoro da casa ma la valutazione sui risultati”.
La prima fase: telecomunicazioni e banche
Parlando di aziende. Dopo Microsoft, Vodafone, ora nel settore informatica/telecomunicazioni anche Telecom Italia sta per avviare un progetto di smartwork su larga scala. Bnl a Roma ha dismesso parte del patrimonio immobiliare concentrando l’attività su due sedi e puntando sul lavoro agile. In Intesa SanPaolo nel 2015 è stato firmato un accordo che riguarda 3000 dipendenti. Poi c’è American Express. poco meno di mille dipendenti coinvolti a roma per due giorni la settimana. “Siamo molto soddisfatti, una prima verifica ci dice che la strada e’ quella giusta – dicono in azienda -. Meno assenze, meno permessi e produttività più alta”. In American Express come in Unicredit la sperimentazione dello smartwork è coinciso, guarda caso, con una riorganizzazione delle sedi. E la sostituzione delle scrivanie con le foto dei figli a segnare il territorio con hub di lavoro aperti a tutti.
Smartwork, si può fare!
Ricapitolando, basta un PC e un telefono VoIP per ricreare il proprio posto di lavoro a casa, risparmiando tempo (pensate ai pendolari) che può essere impiegato meglio. Il dipendente è più produttivo lavorando da casa in quanto più stimolato e meno stanco. Infine rimane il problema del nome, qualcuno lo chiama ancora lavoro agile. Ma l’inglese smartwork sembra imporsi sempre di più. A parte la scarsa simpatia per gli anglismi, l’importante è che non lo si chiami telelavoro. Perché qui non si tratta di lavorare da casa e basta. Ma di rivoluzionare completamente l’organizzazione delle aziende.
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Paolo Bocci
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